
Raffaella Bortolin
Archeologia del miele
2008, 190 pp., 27 a colori e 97 in b/n e al tratto
Brossura, A4
ISBN: 9788887115598
€ 34,00
L’importanza del miele nell’antichità può essere difficilmente sopravvalutata; produzione e commercio raggiunsero livelli quantitativi e un grado di capillarità che oggi forse stentiamo a figurarci. La cura delle api era oggetto di trattatistica; la raccolta del miele veniva indicata con il nome di ‘messe’ o di ‘vendemmia’, e non senza motivo, se un alveare poteva rendere quanto e più di una vigna. D’altra parte il miele era l’ingrediente necessario per una grande quantità di operazioni, alimentari e non. Era onnipresente in cucina; si usava per conservare la frutta o altre sostanze organiche; era il cibo di elezione per i neonati, subito dopo il latte della madre. Le applicazioni del miele intervenivano nella preparazione di profumi, unguenti e oli aromatici, nella farmacopea, nei sacrifici agli dèi come anche nell’imbalsamazione dei corpi. Oggetto finora di ben scarsa attenzione archeologica, il miele è posto al centro di questo impegnativo lavoro secondo un’ottica necessariamente diacronica e multidisciplinare, che dal ventaglio di fonti a disposizione mira a riscoprire, con il paesaggio dell’apicoltura, comportamenti e gestualità, secondo quel percorso ‘dalle cose agli uomini’ che integra proficuamente l’approccio antropologico con quello necessariamente storico.
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